Il mio approccio

Secondo l’approccio che seguo, noto come cognitivo-costruttivista, non ha tanta importanza quale sia l’evento che ha causato la sofferenza, né se esso sia “oggettivamente traumatico”.
Ciò che ci fa soffrire spesso non è tanto l’evento in sé, quanto la rappresentazione che ci formiamo di quell’evento.

Tutti noi abbiamo schemi mentali che ci aiutano a muoverci in un mondo imprevedibile con un certo grado di sicurezza. Se però i nostri schemi non sono sufficientemente flessibili, un evento particolare rischia di farci sentire incapaci di affrontarlo con le risorse a nostra disposizione.

Ogni sintomo (ansia, depressione, disturbi alimentari…) non è altro che il modo che il nostro sistema corpo-mente ha di farci vedere che qualcosa nel suo equilibrio si è incrinato, che il sistema necessita di un “assestamento”.

L’approccio cognitivo-costruttivista è basato sulla collaborazione attiva tra psicoterapeuta e paziente. Insieme vengono stabiliti quali sono gli obiettivi e le priorità del lavoro. Nessuno meglio del paziente può conoscere il proprio mondo interiore: lo psicoterapeuta, con grande umiltà, aiuta ad esplorarlo, in quanto esperto delle tecniche per farlo.

Ogni persona ha delle risorse: autostima, creatività, assertività, senso dell’umorismo, intelligenza emotiva… A volte però non ci si ricorda più di possederle, come accade con quei fiori che si raccolgono, si mettono a seccare nei libri e si ritrovano dopo anni. Attraverso la psicoterapia è possibile valorizzare le risorse già presenti e svilupparne di nuove.

Certo, nessuno dice che si tratti di un percorso semplice: spesso è necessario mettere in forse le certezze che ci hanno guidato per una vita intera. È per questo che lo psicoterapeuta è costantemente al fianco del cliente, pazientemente, senza forzarlo oltre i suoi limiti, ma senza nemmeno incoraggiarlo a sedersi.

(Photo by pine watt on Unsplash)

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