“Sbagliando s’impara”. Solo un vecchio modo di dire? Sapete quante invenzioni e scoperte scientifiche sono frutto di un errore? Il fonografo, la penicillina, la dinamite – solo per fare alcuni esempi – sono nate per sbaglio.
Dal 28 febbraio al 2 marzo 2014, Bologna celebra la prima edizione dell’Error Day, che in realtà – ed ecco la prima imperfezione – è una tre giorni, ideata e organizzata dall’artista nuorese Clelia Sedda, che dichiara: “per conoscere e sapere bisogna sbagliare e percorrere nuove strade”. D’altronde, l’etimologia di “errare”, rimanda proprio a “vagare senza meta prefissata”.
Verranno quindi celebrati lapsus, piccoli disguidi, inesattezze, malintesi, sviste, ma anche grossolani strafalcioni, in ogni campo: arte, fumetto, cinema, linguistica, filosofia.
Così la Sedda sul sito del Festival:
“Abbagli, sbagli, disguidi, equivoci, omissioni, falli, fallimenti, inesattezze, difetti, malintesi, sviste, lacune, strafalcioni, cantonate, insuccessi e cadute (di gusto e di ginocchia): ecco il comune denominatore dell’umanità… l’errore!
È lui, l’elemento universale nella storia e nella geografia.
Spesso funziona da scarto creativo e diventa l’eccezione inaspettata che chiarisce la regola, aprendo nuove possibilità.
È tragico, ma in alcuni casi molto divertente.
E noi vogliamo celebrare quanto a lui dobbiamo in termini di crescita personale e conoscenza collettiva.
Parole, musica, arti visive, visite guidate, filosofia, ironia, riflessioni, inflessioni, flessioni: erreremo in tutti i modi, coinvolgendo gli errabondi di buona volontà che aspirano alla perfezione ispirandosi all’imperfezione.
Entrate e sbagliatevi tutti!”
Dal punto di vista psicologico, tutto ciò è fondato?
Assolutamente sì. Se non si sbagliasse mai, non si crescerebbe, né dal punto di vista personale, né dal punto di vista sociale. L’importante è che, sin dagli anni della scuola, ai bimbi venga insegnato a non temere l’errore, ma a viverlo come opportunità di miglioramento. E non sottovalutiamo, poi, l’importanza di farsi una sana risata sulle proprie mancanze, di coltivare quel prezioso dono che è l’autoironia!